giovedì 6 settembre 2012

Intervista Yerbadiablo


YEARBADIABLO



Formazione:
Nik “the oyster”: vocals, guitars & bass El loco: drums The Jester: percussions, piano, synth, violin, jew's harp, harmonica, noise fx additional players: Gabriele Bolognesi (tenor sax & flute) - Thomas Gamberini (background & lead vocals) – The Manimal (background vocals) – Fabio “ili” Cantelli (guitars & vocals) – Luca Gomedi (percussions, didjeridoo & synth).

Luogo di provenienza: Bologna.




1. Com’è nato il gruppo? Ci sono stati cambiamenti nella formazione?

Yerbadiablo è un progetto solista, una one- man band, nata semplicemente dalla mia passione per la musica e per il desiderio di realizzare un album attraverso cui poter esprimere e dare voci ai miei pensieri. Del resto considero la musica un mezzo di comunicazione senza eguali.
Alla registrazione del primo album “Jester in Brick Lane”, hanno collaborato diversi musicisti ognuno dei quali ha lasciato la sua personale impronta sull'album. E' stata un' esperienza entusiasmante in un clima di serenità e complicità e libera da ogni tipo di stress, fattori fondamentali per la buona riuscita di un progetto in studio.



2. Che tipo di musica fate? In base a cosa avete scelto?

“Jester in Brick Lane” è un album eclettico e camaleontico. Difficile attribuirgli un genere particolare, perchè di fatto si muove all'interno di vari generi musicali. Le influenze sono molteplici (Hard Rock, Punk, Noise, Progressive, Reggae, Rock'n'Roll, Psychedelia, Country etc...). Questa varietà riflette in pieno il mio modo di essere e nasce dalla personale necessità di una libertà stilistica totale e da un'innata avversione verso ogni tipo di omologazione, di categorizzazione.
La musica è libertà e “Jester in Brick Lane” vuole essere discepolo di questo dogma. Il suo significato di fondo assume una logica proprio nella sua molteplicità. Ogni canzone è come un frammento di puzzle che insieme agli altri rende possibile il disegno completo.




3. Che significato ha il nome del gruppo? Com’è nato (il nome)?

La yerba del diablo è una pianta dalle proprietà psicotrope usata da alcune popolazioni indigene del Messico, come gli Yaquì, nei loro rituali sciamanici. E' spesso protagonista nelle avventure dei libri di Carlos Castaneda, che per molto tempo sono state le mie principali letture. Ho scelto di chiamare la band Yerbadiablo proprio come personale tributo a questo autore e all'America Latina e come segno del profondo rispetto che nutro verso tutte le minoranze indigene del pianeta, che considero una ricchezza da preservare.
L'erba del diavolo è una pianta sacra dalle proprietà curative, il suo consumo permette di esplorare realtà parallele e differenti stati di coscienza. Possiede pero' anche un lato oscuro e pericoloso, chi si avvicina ad essa, prima ancora di saperla maneggiare deve avere un animo nobile per non diventare sua inconsapevole vittima.
Come dice l'indio Don Juan:

“L'erba del diavolo trattiene gli uomini che vogliono il potere e si sbarazza di quelli che non sanno gestirlo!”



4. Avete pubblicato qualche album? 

Il primo album ufficiale degli Yerbadiablo è “Jester in Brick Lane” ed è uscito ufficialmente il 27 agosto 2012.

Com'è nato.
Inizialmente, come spesso accade, era soltanto un' idea. Per permettere ad un' idea di diventare realtà bisogna avere una grande volontà, una dedizione totale, ma soprattutto bisogna crederci. Bisogna credere prima in sé stessi e poi nel progetto.
La mia passione per la musica ha fatto il resto. Non è stato difficile credere in un progetto musicale, dal momento che la musica è ciò che per me ha più valore. Potrei vivere senza tante cose, ma non senza di essa!

Significato del nome dell’album.
Ti svelo subito una curiosità. L'album avrebbe dovuto chiamarsi semplicemente “Jester” ed è stato così fino a poco prima di firmare il contratto con l'etichetta. Jester in inglese significa "giullare". Una figura a me cara perché evoca mistero, follia, creatività e genio. Il giullare è il protagonista dell'intero album, è lui che assumendo varie forme unisce le tracce una ad una con diabolica pazienza. Ma il titolo “Jester” mi sembrava troppo riduttivo e in un certo senso banale. All'ultimo ho deciso, con l'approvazione della mia etichetta, di chiamarlo “Jester in Brick Lane”, perchè meglio rappresentava la natura eclettica dell'album, sia a livello sonoro che di contenuti.
Tra l'altro “Brick Lane” è la terza traccia dell'album ed è una delle canzoni a me più care. E' dedicata alla celebre via di Londra che, durante un mio soggiorno mi ha letteralmente folgorato e forse ha dato il la alla realizzazione di questo album. A Brick Lane si respira un'atmosfera artistica senza paragoni, si incontrano gli individui più strani e si tocca con mano il prezioso diritto della libertà espressiva. Queste caratteristiche unite al fatto di essere nel quartiere bangladese di Londra conferiscono a Brick Lane un fascino multiculturale ed esotico, dal quale è difficile non farsi travolgere.
Consiglio a chiunque vada a Londra di recarsi a Brick Lane e di restarci il più possibile!

Significato della copertina.
La copertina in sé non ha un significato. Su sfondo nero campeggia il logo Yerbadiablo e sopra di esso vi è il simbolo sul quale non mi pronuncio, preferendo lasciare libera interpretazione.
Il significato semmai si ritrova nel booklet, dove ogni canzone è affiancata da un simbolo che la rappresenta. La simbologia è infatti parte integrante dell'album ed è importante tanto quanto musiche e testi. Nulla è lasciato al caso.

Parla della storia.
Impossibile riassumere in poche righe tutto quello che c'è qui dentro, ma per chiunque desideri avere informazioni sul contenuto di “Jester in Brick Lane” e abbia una certa dose di pazienza (perché c'è parecchio da leggere) inserisco qui sotto il link alla mia pagina facebook. Sotto la voce “informazioni” c'è la risposta a questa domanda in inglese e italiano. In fondo c'è addirittura una sorta di riassunto canzone per canzone. Buona lettura:
http://www.facebook.com/pages/Yerbadiablo/187711264596993?ref=hl

Vi auto-producete oppure avete trovato un etichetta?
Mi sono auto- prodotto. Prima è stato registrato l'album e successivamente ho trovato l'etichetta per promuoverlo. Non posso che ringraziare di cuore la Logic(il)logic, per aver creduto nel progetto e per avergli dato una “casa” degna. Il lavoro che sta facendo per promuovere il disco è eccezionale. La cosa che mi ha fatto più piacere è che i ragazzi della Logic(il)logic hanno apprezzato “Jester in Brick Lane” pur nella sua stravaganza e nella sua matrice non prettamente Metal, se non a tratti.
Si tratta quindi di una sorta di scommessa sia per me che per l'etichetta e credo che entrambi meritiamo di vincere questa scommessa, se non altro per il coraggio di osare e di rompere gli schemi. Spero fortemente che la loro fiducia venga ripagata nel migliore dei modi.
Ma questo ovviamente lo deciderà il pubblico.

Avete incontrato qualche difficoltà nel mettere su questo progetto (prima, durante e dopo)? Se sì, quali?
Da ragazzino avevo già avuto due esperienze in studio con il mio precedente gruppo. Questa volta si è trattato di un album solista. Una cosa ben diversa. Un'esperienza particolare che presenta aspetti negativi e aspetti positivi. Uno negativo è che doversi occupare da solo della composizione di musiche e testi, della registrazione di quasi tutti gli strumenti e della preparazione dell'artwork, non è semplice. Richiede pazienza, sacrificio, autocontrollo e concentrazione.
Uno positivo è che si è totalmente liberi, si ha il pieno controllo della situazione, non ci si stressa e soprattutto non si litiga con nessuno! Se devo tirare le somme direi che gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi.
Per la buona riuscita di un album infine è necessario mantenere il più possibile il clima sereno e disteso durante ogni fase di registrazione. In questo senso hanno quindi un ruolo fondamentale sia lo studio di registrazione che il produttore esecutivo. Luca Gomedi dell'High Distortion Level non mi ha certo fatto mancare queste qualità. Il giullare ovviamente ringrazia anche lui!

Progetti futuri?
Al momento progetti futuri veri e propri non ce ne sono. Diciamo che mi godo un po' di relax e speriamo qualche soddisfazione, dopo più di un anno passato tra mixer, chitarre, e foglietti di carta su cui scrivere parole e note. Ma se devo essere sincero mi stuzzica l'idea di un nuovo progetto, ovviamente sempre targato Yerbadiablo, ma questa volta con una band dietro. Mi piacerebbe fare un album veramente fuori di testa, per cui se dovessero bussare alla mia porta i musicisti più strippati che esistano in circolazione, potrebbe nascere qualcosa di interessante. 



5. Secondo voi quanto è difficile trovare sostegno da parte di una casa discografica? Soprattutto quando si emerge?

Se parli di sostegno economico una band emergente deve, nel 99% dei casi, fare affidamento esclusivamente sulle proprie disponibilità. Togliendo il lato economico, ci sono sicuramente label indipendenti, che per quanto piccole, sono in grado di svolgere degnamente il proprio lavoro. Così come sicuramente ce ne sono altre che lasciano a desiderare in quanto a professionalità e onestà. Fortunatamente non è il mio caso. “Jester in Brick Lane” non poteva finire in mani migliori.



6. Chi, secondo la vostra opinione, non vede di buon occhio il metal nostrano e cerca in qualche modo di mettergli i bastoni tra le ruote?

Purtroppo non è un problema solo di Metal e purtroppo non è un problema solo attuale. Sono tanti i gruppi italiani, anche del passato, che avevano tutte le carte in regola per lasciare un segno a livello internazionale, se non fosse che erano italiani. Un deficit di partenza difficilmente colmabile. Il caso più clamoroso è sicuramente quello degli Area. Gli Area sono, e non ho paura a dirlo, una delle più grandi band degli anni '70, a livello tecnico e creativo non hanno nulla da invidiare a gruppi straordinari quali King Crimson, Gentle Giant e Gong, e le doti canore di Demetrio Stratos sono inarrivabili per chiunque. Sperimentatori talmente folli da eludere ogni catalogazione. Eppure difficilmente ci si ricorda di loro. Se fossero stati inglesi o americani oggi potremmo ammirare i loro strumenti sparsi in tutti gli Hard Rock Cafè del mondo. Ma erano italiani!



7. Quali sono i gruppi che più vi hanno influenzato? In che modo?

Difficile dirlo dal momento che mi nutro di musica a 360 gradi, escludendo ovviamente le schifezze commerciali. “Jester in Brick Lane” cambia binario ad ogni stazione e spesso lo cambia in corsa. Il risultato sono 13 tracce distinte una dall'altra e provenienti da background differenti.
Se vuoi qualche nome: Dagli Infectious Grooves ai Blue Oyster Cult, da Tom Waits ai Grateful Dead, dagli Einsturzende Neubauten a Pj Harvey, dai Sunn o)) ai The Black keys, dai Ramones a Mike Patton. Insomma da un estremo all'altro senza sosta. Tutto questo è ciò che mi influenza e che in qualche strano modo ha fatto nascere “Jester in Brick Lane”.



8. Com’è nata la passione per il vostro strumento? Perché avete scelto proprio quello? 

Il mio strumento è la chitarra, diciamo che nasco come chitarrista, ma non ho una vera passione e non sono io che ho scelto la chitarra, ma è la chitarra che ha scelto me. Se da bambino vivi in un condominio difficilmente potrai suonare la batteria senza che qualcuno ti rompa i coglioni. Quanto al basso, beh, da bambino non sai manco a cosa serve e certamente sognando di diventare una Rock Star assumi come modello cantanti e chitarristi, perchè il successo spetta a loro.
Poi per fortuna diventi grandicello e capisci che la base ritmica (basso e batteria) non solo è l'ossatura di una canzone, ma può perfino diventare il loro punto di partenza. E' con questa consapevolezza che ho composto la maggior parte delle canzoni di “Jester in Brick lane”. La fase creativa, ruolo che solitamente spetta a chitarra e voce, è stata qui affidata per lo più al basso. Se non fossi partito da lì staremo parlando di un album del tutto diverso, sicuramente meno particolare.
E' incredibile scoprire quanto partendo da un giro di basso e da un ritmo di batteria cambi la prospettiva di una canzone. E a quel punto viene il bello, perchè riesci a tirar fuori dalle chitarre cose che prima non avresti nemmeno immaginato. Un esercizio davvero stimolante!



9. Suonate altri strumenti? O vorreste imparare a suonare altri strumenti?
Cerco di suonare tutti gli strumenti possibili, conscio del fatto che non è fondamentale essere tecnici o virtuosi per potersi permettere di suonare. Un suono può essere prodotto con qualunque cosa e in qualunque modo. Tutto può essere musica. Ciò che serve, soprattutto al giorno d'oggi, sono l'originalità e le idee, che latitano da troppo tempo.
Se si guardasse solo alla tecnica non sarebbero nati generi come il blues, la psichedelia, il Punk, il garage e tanti altri. Sarebbe una noia mortale!



10. Il live che più vi ha emozionato.

Gli Yerbadiablo non hanno al momento un'attività live, trattandosi di un progetto solista. In futuro chissà...



11. Secondo voi, oggi il Rock/Metal come viene visto dalle altre persone?
Rock will never die!!! Ormai sembra quasi banale dirlo, ma è la dannata verità.
Anche se in certi periodi il Rock sembra avere la bandiera a mezz'asta, prima o poi arriva sempre qualche band capace di riportarla in cima e a farla sventolare nell'alto dei cieli. Amen.
Come viene visto dalle altre persone non è importante ed è del tutto ininfluente. Mi spiace per loro.



12. Secondo voi il metal emergente italiano ha più successo fuori dai confini italiani? Se sì, perché?
Sinceramente ho perso un po' di vista la scena metal emergente italiana. Fino a una decina di anni fa la seguivo certamente di più. Se non erro i gruppi che hanno fatto più successo fuori dai confini italiani hanno avuto di pari passo lo stesso successo anche in patria. Mi riferisco ad esempio ai Rhapsody, gli Extrema, i Necrodeath e tanti altri. Inoltre per molti gruppi stranieri è un piacere suonare in Italia, proprio per la partecipazione e il calore che solo il pubblico italiano è in grado di dare. Magari in termini numerici gli italiani sono leggermente inferiori, ma si fanno sentire eccome.






























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